Le nostre origini

Questa pagina è dedicata al nostro paese Alà dei Sardi. È suddivisa in tre sezioni. La prima riguarda il paese in generale, ne descrive le caratteristiche più importanti. La seconda raccoglie dei racconti (miti) inventati da noi sull'origine di Alà dei Sardi e del suo nome, mentre nella terza sono presenti le descrizioni che abbiamo fatto dei nostri "posti speciali".

Tommaso P., Santinu S.


Alà dei Sardi

Alà dei Sardi è un paesino montano del Logudoro situato a 686 metri sul livello del mare. Conta circa 1900 abitanti e il suo territorio è prevalentemente costituito da montagne e boschi. L'economia è principalmente basata sulla pastorizia e l'estrazione del sughero, materiale molto pregiato, reputato tra i migliori della Sardegna. Alà è un territorio rinomato anche per l'apicoltura, la produzione di formaggi e la lavorazione del granito nelle marmerie. Le cave per l'estrazione, invece, sono state dismesse. Non è da sottovalutare la raccolta di pietre da campo, le quali vengono utilizzate per il rivestimento di case e per la realizzazione di muretti a secco, mentre i monoliti più grandi abbelliscono giardini privati o ingressi di località turistiche rinomate. Queste sono le nostre risorse economiche più importanti.

Il nostro paese è diviso in diverse zone e la più caratteristica è quella che comprende il centro storico. Questo, risalente al 1600, è caratterizzato da fabbricati realizzati su più piani e rivestiti interamente da granito. Grazie al suo aspetto caratteristico il centro ospita, durante il corso dell'anno, numerose manifestazioni culturali e sociali. I monumenti e i posti più significativi di questa zona sono: Su puttu de mesu idda, Sa carrera manna, il Palazzo corda, e non dimentichiamo i pittoreschi murales sparsi per le vie del nostro paese che si possono ammirare nella foto sottostante. Al di fuori del Centro storico meritano di essere annoverate due costruzioni caratteristiche: la Fontana costruita nel 1901 e S'abbadolzu

Il nostro territorio è ricco di numerosi siti archeologici situati nelle vicinanze del centro abitato. A qualche chilometro dalla chiesa di San Francesco si possono ammirare le antichissime tombe dei giganti, mentre nel territorio circostante spicca per importanza il nuraghe Intro e serra e il sito Sos Nurattolos composto da fonte sacra, capanna delle riunioni e abitazioni (foto sotto).  

La festa più sentita e più attesa da noi alaesi è quella di San Francesco che ogni anno attira migliaia di persone che visitano il paese per onorare il santo. Oltre la sfilata in costume per le vie del centro abitato in questa festa si prepara, per tradizione, un buonissimo brodo di carne offerto, che viene offerto a tutti i pellegrini. Un'altra ricorrenza importante, seppur ridimensionata, è quella per il patrono Sant'Agostino. Altri momenti conviviali molto importanti sono Nadale in carrera e Austu in Alà, in cui vengono esposti i prodotti tipici del paese.

Tra gli sport più praticati nel nostro paese c'è sicuramente il calcio: la squadra l'S.C. Alà è stata fondata nel 1979. Ma anche l'atletica è un'attività molto sentita, che ha dato al nostro paese molti campioni sia a livello nazionale che regionale.


Santinu S., Gavino M., Mirco P.

IL MITO


Durante l'anno scolastico a scuola abbiamo trattato come argomento il mito. Abbiamo studiato che il mito deriva dalla parola greca mythos che significa "racconto". Esistono diversi tipi di mito: cosmogonici, delle origini, teogonici, naturalistici e di fondazione. Proprio a partire da quest'ultimo, ognuno di noi ha inventato un racconto di fantasia che spiegasse le origini del nostro paese e del suo nome.

Angelica D.


Tantissimi anni fa, quando ancora la Terra era popolata da creature celesti e da uomini, la figlia del Dio degli angeli s'innamorò di un povero contadino sardo. Lui, ambizioso e arrogante, voleva diventare re. Gli angeli vivevano in un posto magico, ricoperto di alberi di ogni tipo, tutto era meraviglioso, gli uccelli canticchiavano dalla mattina presto fino a sera tardi. Gli umani, al contrario, vivevano in un posto buio. I due amanti si vedevano di nascosto, per paura di essere scoperti. Il re degli umani, invidioso degli angeli, disse che chiunque avrebbe ucciso la figlia del Dio degli angeli sarebbe diventato re dopo la sua morte. Il contadino approfittò subito del suo rapporto con la magica creatura e, siccome non voleva ucciderla, decise di rubarle le ali. Subito dopo tornò felice dal re ormai vecchio e gli mostrò il prezioso bottino. Il sovrano, allora, nominò il giovane sardo come suo successore. Quando il vecchio sovrano morì, il contadino ormai diventato re decise di sotterrare le ali nel luogo in cui le aveva rubate, ma il Dio degli Angeli vedendolo lo uccise e lo trasformò in pietra. È da allora che gli angeli e gli umani chiamano quel luogo Alà dei Sardi. Un posto bellissimo ma difficile da raggiungere, dove la pietra fa da padrona.

Asia T.


Una leggenda popolare racconta che tanto tempo fa, mentre un vagabondo cercava delle pecore disperse all'imbrunire venne abbagliato da una luce fortissima e davanti a lui apparve su mascazzu (un fantasma) che lo invitò a guardare in lontananza un fuoco luminoso. Gli disse che all'ala destra di quella fiammata avrebbe dovuto costruire un paese che sarebbe diventato ricco grazie a tre prodotti della terra: ghiande, miele e sughero. Su mascazzu non diede al vagabondo il tempo di rispondere e scomparve improvvisamente. Il paese nacque come per incanto e gli fu dato il nome di Alà perché costruito all'ala destra del fuoco luminoso. In seguito gli venne messo l'accento per distinguerlo da Ala che si trova in Trentino Alto Adige. Il vagabondo divenne un ricco proprietario terriero con un nuovo gregge di trecento pecore e ogni giorno produceva "sas tittigheddasa" per potersi arricchire sempre di più.

Mario S.


Venti milioni di anni fa, non esistevano né animali né umani e la Terra era abitata solo dalle lettere. C'erano diversi paesi e città: Letterandia, Punteggiatura, Verbo, Pronome, Aggettivo e un paese un po' strano, diversissimo dagli altri, chiamato ALA. Ad Accento non piaceva più la città Punteggiatura, quindi se ne andò ad Ala e così essa cambiò il nome in "Alà". Successivamente D, E, I che abitavano a Letterandia si vollero spostare anche loro ad "Alà" che da quel giorno diventò "Alà dei". Ma tutti questi spostamenti avevano creato grande curiosità e invidia tra le lettere del mondo e così anche S, A, R, D, e la gemella di I, famose per essere molto testarde, andarono a vivere ad "Alà dei" che da quel giorno prese il nome di "Alà dei Sardi"!

Luca G.


In un grande recinto nei monti che dominavano tutto il territorio sottostante, viveva una fata chiamata "Sa Turulia". In questo recinto "Sa Turulia" racchiudeva e domava tutti gli animali dell'altopiano fra cui cervi, daini, mufloni, cinghiali, capre e mucche. Un giorno incontrò degli uomini che vagavano in cerca di un posto dove fermarsi. La fata vedendoli provò compassione e disse loro: "Andate avanti e alla vostra ala destra costruirete un villaggio che diventerà ricco perché intorno ci sono pascoli, alberi e acque perenni. Io vi darò del bestiame, semi di grano e delle api e dalle piante potrete estrarre il sughero che userete per fare utensili e coprirvi le case". Così fecero e chiamarono il villaggio Alà che crebbe e diventò ricco e prospero. Ancora oggi nello stemma del Comune sono raffigurate le quattro portatrici di prosperità: una pecora, un'ape, un fascio di grano e una pianta di sughero.

Santinu S.


In un tempo molto lontano su una montagna impervia vivevano delle fate, la più importante si chiamava Ala. Agli esseri umani era proibito accedere alla montagna, ma un giovane sardo riuscì a salirci e con un inganno rapì la fata Ala. Il ragazzo credeva che la fata potesse far volare tutta la Sardegna e convinse di questo anche i suoi amici sardi. Ma la piccola creaturina tentando di sollevare l'isola in volo perse un'ala che si conficcò nel terreno. Alcuni sardi rimasero in quel territorio e fondarono un paese a cui diedero il nome di Ala dei Sardi, in ricordo dello strano avvenimento e l'accento venne aggiunto dalla Dea Madre per farla sembrare più importante.

Simone L.


Tantissimi anni fa un ragazzo di nome Giacomino percorrendo la via di casa tra le campagne buie e boscose, incontrò una bambina che si era persa cercando il suo cagnolino."Come ti chiami?" le chiese Giacomino. E lei reggendo una candela con la manina tremolante rispose: "Mi chiamo Stella, mi sono persa cercando il mio cagnolino. Senza lui non so come fare, è lui che mi procurava da mangiare ogni giorno ed è l'unico amico che ho!". La bambina si fece triste e cominciò a piangere. Giacomino si accorse che Stella era molto magra e palliduccia e così decise di portarla a casa sua e prepararle una zuppa calda. Nel tragitto per tornare a casa i due si misero a chiacchierare: "Anche tu vivi da solo?" chiese Stella, "Sì" rispose lui, "mia sorellina è morta e i miei genitori sono andati lontano per lavoro e non sono più tornati". Arrivati a casa, dopo aver mangiato, si addormentarono. Quella notte Giacomino sognò una piazza piena di bambini che giocavano con la neve. Il giorno dopo decise di ospitare Stella a casa sua. Uno dei motivi - e forse il più importante - che spinse Giacomino ad accogliere Stella a casa sua era perché assomigliava tantissimo a sua sorella Anna, che morì piccolissima a causa di una brutta malattia. Il Natale si avvicinava e Stella si sentiva molto sola e l'unico regalo che avrebbe voluto per Natale era ritrovare il suo cane e avere degli amici con cui giocare. Stella e Giacomino passavano le giornate nei boschi a cercare il cagnolino e a raccogliere qualcosa da mangiare. Arrivò la vigilia di Natale e per festeggiare cucinarono castagne con miele. Si accorsero che stava cominciando a nevicare, così uscirono fuori dalla casetta a giocare con la neve e quando alzarono gli occhi al cielo videro una grossa e luminosa stella proprio sul tetto. "E se questa stella fosse un angelo?" disse Stella, e Giacomino sorridendo rispose "Sì dev'essere proprio un angelo e quella è la sua ala che ci protegge". Cominciava a fare freddo così entrarono a scaldarsi vicino al fuoco. Sentirono bussare alla porta. Erano contadini e famiglie provenienti da paesi vicini che erano stati attirati dalla forte luce e dal buon profumo di castagne cotte. La mattina seguente tutti notarono che erano comparse delle casette, un mulino, una chiesa e una piazza, che si riempì di bambini che giocavano compresi Giacomino e Stella, proprio come nel suo sogno. Dopo tanti anni si era creato un villaggio che da tutti gli abitanti veniva chiamato ''Alà'' come quell'ala d'angelo che si era posata sulla casetta di Giacomino e Stella e che non se ne andò più.

Kekka L.


Tanto tempo fa, nell'isola sarda viveva un uomo molto sfortunato che si chiamava Antonio Toramelli. Antonio, fin da piccolo, desiderava far sorgere un paese ricco e felice nella sua campagna. Una notte il ragazzo sognò Sant'Agostino che gli disse di costruire un paese nella sua campagna e che lui sarebbe stato il patrono. Quando Antonio crebbe, con un paio di amici, iniziò a costruire. Casa dopo casa diedero così forma a un piccolo paesello. Alla fine di tutti i lavori, Antonio aveva dubbi sul nome da dare al paese. In quel momento uno stormo di uccelli coprì il cielo e si misero a cinguettare. A quel punto Antonio decise di dargli il nome di Ala, ma si accorse che tutti gli uccelli cinguettavano stonati. Quindi al nome gli aggiunse l'accento e il nome diventò Alà dei Sardi.

Sofia M.


C'era una volta un ragazzo che incontrò uno gnomo che gli disse: "All'ala destra costruirai un villaggio che sarà molto bello". Il ragazzo preso dalla paura si mise a correre e nel tragitto verso casa incontrò una giovane fata. Quanto era bella! Si presentò con il nome di Trilli e con una voce leggera gli disse: "All'ala destra costruirai un villaggio che diventerà importante", però prima dovrai lottare con Tuorom, la malvagia creatura metà uomo e metà toro. Il ragazzo pensò impaurito: "Come faccio a lottare con questo mostro?", ma non ebbe il tempo di rispondersi che si trovò davanti Tuorom pronto a combattere. La lotta durò una settimana, ma alla fine vinse il ragazzo. Tornando vincitore a casa, rincontrò la fata, scattò un colpo di fulmine e decisero di sposarsi. Andarono a vivere all'ala destra che magicamente prese il nome di Alà dei Sardi.

Angelica D.

SCORCI DEL CUORE


Ci sono molti modi per descrivere Alà dei Sardi come, per esempio, parlare dei luoghi più conosciuti, ma abbiamo deciso di descrivere quelli a noi più cari che hanno preso un posto speciale nel nostro cuore e qui ci rimarranno per tutta la vita. In questi posti abbiamo vissuto momenti importanti, è qui  che ci rifugiamo per avere un contatto con la natura, per divertirci o semplicemente per trovare la pace e la serenità.

Asia T., Simone L.


San Francesco

Per molti di noi la chiesa di San Francesco ha un grande valore affettivo sia per la bellezza della festa che si festeggia nei giorni 3, 4 e 5 di ottobre e che coinvolge tutti gli alaesi e tutti i pellegrini che vengono nel nostro paese, sia perché questo posto rappresenta un luogo di ritrovo dove fare amicizia con tanti ragazzini. 

La chiesa di San Francesco si trova a nord di Alà dei Sardi e dista 1 km dal paese. Quando si arriva ci si trova davanti un cancello grande di ferro dalla forma appuntita, legato da una corda e da una catena con un lucchetto arrugginito che si apre per consentire il passaggio delle macchine, mentre le persone possono accedere dal cancelletto più piccolo costruito sulla sinistra. Tra i due cancelli è stata scritta, in celeste, una toccante preghiera di San Francesco.

La bellissima chiesa, immersa nel verde, è stata costruita con grossi massi di pietra bianca. Frontalmente si può vedere la grande porta centrale a cui si accede tramite dei larghi scalini, mentre una più piccola è disposta lateralmente. Varcando il cancello, sulla destra, si trovano delle fontane antiche, datate al 1906, dalle quali fino a pochi anni fa vi si attingeva l'acqua con un cucchiaio di sughero detto sa trubbia. La chiesa è affiancata e quasi "protetta" dalla statua in trachite del santo che tiene due uccellini in una mano e nell'altra i rosari donati dai fedeli. È una delle parti che noi preferiamo perché alcuni di noi quando erano piccoli andavano sempre lì a giocare e trovavano altri bambini con cui stare assieme. Da questa posizione è possibile vedere tutto: la campagna, la strada, la chiesa stessa. Si può sentire il vento che accarezza il viso e un profumo di erba fresca e di fiori appena sbocciati che sembra guardino le forme delle nuvole proprio come facciamo noi. Nel silenzio di questo posto incantevole si possono ascoltare gli uccelli che cinguettano e le campane delle mucche al pascolo. In lontananza lo sguardo si perde sulle montagne che sembrano dei giganti addormentati.

All'interno la chiesa, piccola ma accogliente, è molto colorata, sono presenti i banchi dove sedersi, alcuni dotati di un cuscino rivestito di pelle scura. Il pavimento è fatto di mattonelle marroni, mentre il soffitto è composto da delle travi di legno di un colore simile al nero, e da tre archi più chiari. I muri sono bianchi con alcune ricamature di color oro e negli angoli sono disposti dei piccoli mobiletti, tra cui uno vicino all'altare sul quale è riposta una statua della Madonna in legno e un cesto pieno di rosari a lei donati. Ma la prima cosa che si nota entrando in chiesa sono le statue di Gesù in croce e San Francesco vicino a lui. 

Il 2 ottobre la statua di San Francesco viene portata in paese con una fiaccolata. Il rito si ripete il 4 ottobre. I giorni della festa sono giorni bellissimi dove ci divertiamo tantissimo con i nostri compagni perché prima partecipiamo alla processione e alla messa, vestiti anche in costume sardo, poi ci cambiamo e ci facciamo una casetta per poter mangiare tutti insieme. Per noi alesi questa festa è molto sentita perché c'è una storia che affascina molto la nostra popolazione. Si racconta che un giorno un uomo alaese chiamato Giovanni Piscera (noto Tiu Colombo), mentre riposava vide in sogno San Francesco che gli chiese di costruire una chiesa campestre in suo onore e di costruirla proprio nel luogo in cui si trova attualmente. Il signor Piscera, essendo un uomo povero disse al santo che non poteva perché non aveva i soldi, allora a quel punto San Francesco gli consigliò di andare a chiedere aiuto alle famiglie più ricche del paese e di recarsi dove si trova attualmente la chiesa che lì avrebbe trovato il perimetro dell'edificio già segnato. La mattina seguente Tiu Colombo andò a controllare se effettivamente quello che gli era capitato era solo un sogno o una premonizione, ma quando arrivò sul posto indicato trovò delle pietre che delimitavano un rettangolo. Quando si rese conto che quel sogno poteva essere una premonizione andò a cercare le persone più ricche e raccontò loro tutto quanto. Dopo molta diffidenza le famiglie acconsentirono alla costruzione della chiesa, ma decisero di costruirla dove volevano loro. Iniziarono i lavori e tutti contenti rientrarono a casa. Tiu Colombo stanco si addormentò e dopo un po' gli apparve in sogno nuovamente San Francesco che lo rimproverava per la scelta che avevano fatto e lo esortava a costruire l'edificio dove voleva lui. La mattina seguente quando si riunirono tutti insieme, Tiu Colombo e gli altri si avviarono verso la chiesa e arrivati sul posto videro che quello che avevano costruito il giorno prima era stato buttato per terra e così si decisero, finalmente, a costruire dove era stato indicato nel sogno. Finita la chiesa decisero di festeggiare il santo il 4 ottobre e di mettere una targa con i loro nomi all'interno della costruzione, ma già subito ne nacque una discussione su come dovevano essere disposti i nominativi su questa targa. Si decise allora di mettere i nomi in base a chi aveva messo a disposizione più soldi e così si fece. Deluso per quella scelta, perché il suo nome era scritto per ultimo, Tiu Colombo rientrò a casa e quella stessa notte San Francesco gli riapparve in sogno dicendogli di non preoccuparsi che quello era l'ordine in cui sarebbero morti, quindi lui per ultimo. Effettivamente le persone morirono secondo quell'ordine e Tiu Colombo morì veramente per ultimo superando i 102 anni e finché restò in vita dormiva ogni notte con la statua di San Francesco nella sua camera e gli dava la buonanotte come fosse un suo amico. Dalla nascita della chiesa ogni anno si ritrovano migliaia di persone per fare la festa in onore al Santo e chiedere qualche grazia.

Mario S., Francesca L., Angelica D.


La casa di riposo

Il posto che vorrei descrivere mi è particolarmente caro, lo reputo davvero speciale. Si trova in periferia, non molto lontano dal paese, dista circa mille metri dalle scuole e si raggiunge procedendo in via San Francesco in direzione del santuario. Il luogo è circondato da una flora magnifica, è presente una strada di terra battuta, perché in questo luogo, si allenano i miei amici, compresa io! La stradina è accompagnata da un verde infinito che si ramifica a seconda del percorso. È presente, come si può vedere dalla foto, una struttura non molto grande e in corso di completamento. All'interno dell'edificio sono presenti quasi diciotto ospiti. Come si può intuire sto descrivendo la casa di riposo e il suo magnifico giardino! In esso è presente anche un orto molto curato, accudito dagli ospiti della struttura. Nella foto scattata si intravede, sulla sinistra, una bambina che saltella allegra, perché questo luogo è "magico" forse non solo per me. È un posto che racchiude in sé la mia storia, da quando avevo appena cinque anni fino ad adesso: qui ho riso, pianto, giocato e litigato. Ma è anche il luogo che racchiude la storia di un gruppo sportivo, il più forte e il più bello del mio paese, l'Alasport, per questo mi è così caro. L'erba è morbida come il cotone e toccandola sembra quasi che mi culli. 

Il verde di questo luogo è meraviglioso, osservandolo con attenzione mi perdo tra gli alberi, il loro colore è così intenso che quasi mi incanta. Sono presenti anche querce secolari, caratteristiche del nostro paese, che altissime come dei giganti rendono questo luogo ancora più misterioso e affascinante. Ci sono poche rocce, ma in ognuna di esse c'è la mia impronta. Chiudendo gli occhi e ascoltando la natura, sento il canticchio degli uccellini, che non termina mai, la delicatezza del vento mi accarezza il viso come una grande mano. Il verso dei grilli e quello delle cavallette sembra quasi una ninna nanna. Percepisco l'aria frizzantina che d'estate diventa torrida e sembra quasi di stare in un grande forno. L'odore che è presente in questo luogo è indescrivibile, quello dell'erba bagnata prevale su tutto! Questo posto è speciale anche per la presenza di persone speciali: gli anziani. Rappresentano tanto per me, conosco la storia di ognuno di loro, e quasi ogni giorno vado a visitarli. In questa struttura era presente anche un'anziana che è volata via, era simpatica, generosa e premurosa, era come una terza nonna per me e la porterò sempre dentro il mio cuore. Questo è il mio posto speciale, spero che vi piaccia. Se magari vi capitasse di essere ospiti in questo magnifico paese, oltre ad osservare le bellezze che racchiude, venite ad ammirare questo luogo, sono sicura che rimarrete stupefatti!

Asia T.

Una casetta speciale

Il posto speciale che ho deciso di descrivere e che si può vedere nella foto è la nostra casetta e dico "nostra" perché non è solo mia, ma appartiene anche al mio migliore amico. Questa casa, se così può essere definita, si trova nel centro abitato di Alà e precisamente in Via Wagner all'interno di un terreno di campagna. Per accedervi occorre saltare un muretto fatto di mattoni e procedere fino a quando non spicca subito agli occhi la grande quercia che occupa quasi interamente la fotografia. Sdraiandosi per terra si sente subito l'erba fresca e soffice come il cotone che bagna il palmo della mano, e restando in silenzio si ascolta nitidamente il cinguettio degli uccelli nel loro nido; se faccio un bel respiro sento l'odore degli animali che pascolano in questo pezzo di terreno. A destra del grande albero si può notare una legnaia che abbiamo costruito per non far bagnare la legna, mentre per scaldarci abbiamo fatto un piccolo caminetto per le sere d'inverno. In lontananza si intravedono numerosi alberi che rendono il posto ancora più verde. La casetta si trova sopra l'albero e ci si arriva grazie a sei scalini fatti con delle tavole di legno riciclate e fissate con dei chiodi. All'estremità dei gradini, tra i rami degli alberi, troviamo subito un pallet posato sopra due paletti di ferro e un altro pallet messo come spalliera, il tutto è stato coperto con dei sacchi di mangime che non si vedono in foto. Visto lo spazio ridotto abbiamo deciso di fare un ripiano apposito per le scarpe, gli attrezzi, il cibo, ecc. Per portare gli oggetti sopra la casetta ci siamo serviti di una carrucola, una semplicissima cassa di plastica per la frutta fissata con una corda colorata. Purtroppo a causa del brutto tempo e degli impegni di scuola stiamo andando di rado alla casetta, ma quando ritornerà il bel tempo andremo lì a trascorrere le nostre serate.

Niccolò P.


Il parco giochi



Un posto per me molto speciale è il parco giochi di Alà. Questo si trova nella parte bassa del paese, a Est, vicino alla strada principale in via Olbia. È una bellissima giornata di sole. Arrivo al parco giochi e nell'aria c'è già un dolce profumo di primavera. Entrando vedo le altalene che ancora dondolano, forse sono state appena abbandonate da dei bambini. Le loro ombre, come quelle degli altri giochi si allungano al calar del sole. Sedendomi sul prato alla mia destra vedo un grande gioco costituito da due casette con i tetti gialli sostenute da otto pilastri di legno. Attaccato c'è uno scivolo rosso come una rosa sbocciata e sulla sinistra si trovano due scalette sovrastate da delle reti blu utilizzate per far arrampicare i bambini e disposte in alto per aumentare la difficoltà. Sotto le due casette si vedono delle piccole pareti colorate dove con le mie amiche siamo solite farci degli scherzi. Sento le macchine che passano in lontananza. Percepisco nelle mie gambe il calore del sole che illumina tutto il paese. Attorno al parco c'è un lungo steccato di legno massiccio che lo circonda come le mura di un castello. In alcuni punti la grande distesa d'erba è circondata dal rosmarino in fiore in prossimità del quale gironzolano le api che vanno a succhiare il nettare per poter creare il dolce miele del mio paese. Qualche albero di ulivo si affaccia nello sfondo mentre diverse pietre sono sparse un po' in tutto il terreno. Ancora in lontananza si vedono le case bianche con i tetti rossi e il comune verniciato di arancione con mille finestre coperte dalle tendine. Guardando fuori dall'inquadratura, nel cielo all'improvviso appaiono tre gabbiani che strillano a più non posso, mentre a farmi compagnia c'è un "simpatico" ma agguerrito calabrone, robusto come una roccia, che svolazza in cerca di polline. Anche se nella foto non si vede, vicino al parco c'è il cimitero di Alà dei Sardi, mi piace ricordarlo perché lì ci sono due angeli che chiamavo "nonni". Questo è un posto speciale per me perché qui ho fatto molte amicizie e ho vissuto momenti belli, brutti ma soprattutto divertenti insieme alle mie amiche. Se avete bisogno di ritrovare un po' di serenità e svago questo è un bellissimo posto per farlo.

Sofia M.


Intro 'e Serra

Il mio posto speciale è la campagna, perché mi fa stare tranquillo e rilassato, posso arrampicarmi sulle rocce stare da solo, sdraiato per terra sull'erba, o mungere le pecore. Mi piace molto andarci ed è per questo che ho deciso di descriverla come il mio posto speciale. Questa foto l'ho scattata da una roccia alta e immortala solo un piccolo pezzo della mia campagna, ma è comunque rappresentativa. Questa località si chiama Intro e Serra, si trova un po' più su della cava di granito e per arrivarci è preferibile usare una campagnola perché la strada è bianca e un po' dissestata. Come si vede dalla foto la vegetazione è caratterizzata da imponenti querce da sughero che fortunatamente si sono riprese dopo il terribile incendio che ha interessato gran parte del territorio qualche anno fa. Il paesaggio è dominato da tante rocce ricoperte dal muschio un po' secco in superficie, mentre tra un masso e l'altro, nei punti meno illuminati dal sole, lo stesso muschio è più verde come quello dei presepi di Natale. Nell'aria si sente il profumo dell'erba e dei fiori, nel silenzio si può ascoltare il rumore del venticello tra i cespugli e gli animali che pascolano all'interno del terreno e in quelli circostanti. Si può udire anche il rumore di un fiumiciattolo, non visibile in foto, che quando è in piena diventa ancora più forte. Grazie alla presenza del fiume abbiamo costruito un pozzo da cui attingiamo l'acqua per abbeverare le pecore. In lontananza si sentono i cani pastori abbaiare e come sempre viene Murriniedda, il mio cane, a farsi fare i grattini sulla pancia. Se si prosegue oltre il perimetro della foto si può giungere alla mangiatoia che è circondata da una rete, qui si può ammirare la presenza di un grande masso, che non ostruisce il passaggio, posto in mezzo a due querce da sughero. La mangiatoia è il posto dove vengono collocate le pecore per la mungitura mentre gli agnellini attendono le loro mamme dietro di essa, all'interno di un recinto apposito. Intro e Serra è un luogo molto speciale per me perché è qui che ho imparato a mungere. Vedere l'erba di un verde intenso avvolgere le rocce e i cespugli suscita in me tante emozioni, mi fa sentire a casa, mi fa stare tranquillo e mi fa desiderare di vivere sempre qui, così. Desidero farmi addormentare dal canto delle cavallette d'estate, sentire i gufi di notte e le lucciole e poi uscire la mattina presto per mungere e fare colazione col latte appena munto: questo sarebbe un sogno per me! Vedere le querce da sughero con ancora i segni del fuoco passato degli anni scorsi mi provoca un sentimento di tristezza e mi dispiace per questo magnifico territorio che negli anni scorsi è stato devastato, provo ancora un senso orribile di devastazione. Non so per quale motivo abbiano appiccato il fuoco, perché abbiano voluto distruggere la vegetazione e uccidere tanti animali mettendo in ginocchio i pastori. Forse è anche per questo che Intro e Serra è speciale per me, perché dopo averne passate di tutti i colori si è ripresa ed è per questo che ci sono molto affezionato. All'interno di questo territorio c'è anche un bellissimo nuraghe chiamato Intro e Serra come il posto in cui situato. Vi consiglio di visitare questi luoghi suggestivi e se volete vi accompagno io stesso.

Gavino M.


Il nuraghe di Intro 'e Serra

Finalmente è arrivato il momento di prendere la macchina fotografica e andare in campagna per immortalare e conoscere meglio il nuraghe, l'abitazione dei nostri antenati. Due chilometri di distanza da casa mia mio padre ha ereditato una bellissima campagna, ricca di sorgenti d'acqua che zampilla, querce da sughero e molti animali; questa campagna si chiama Intro e serra e al suo interno ha qualcosa di magico per me: il nuraghe. Per arrivarci ho attraversato tutta la campagna approfittando di un silenzio quasi magico. Si sentiva solo il cinguettio degli uccelli che volavano felici nel cielo blu, il ronzio degli insetti che andavano sopra dei bellissimi fiori della primavera, in lontananza sentivo invece il belare delle pecore che mangiavano indisturbate. Respiravo a pieni polmoni l'aria leggera della natura annusandone i profumi dell'erba umida, dei fiorellini selvatici e degli alberi in fiore.

Lungo il tragitto prima di arrivare alla collina dove si trova il nuraghe ho trovato dei mucchietti di pietre (probabilmente sono state raggruppate dai miei antenati per poter costruire il nuraghe) ricoperte dal muschio. Man mano che mi avvicinavo mi sembrava molto piccolo, ma appena sono arrivato ai suoi piedi mi sono reso conto di quanto fosse gigante. Una vera Meraviglia! In quel silenzio il mio sguardo si è fermato sul nuraghe... ho notato subito la sua imponenza, le pietre enormi messe una sopra l'altra lasciavano lo spazio a un piccolo ingresso che conduceva a una minuta stanza al piano terra e alle altre situate nel livello superiore, la luce del sole penetrava dall'alto attraverso alcuni fori.

Sono rimasto colpito dalla piccola dimensione delle stanze, è davvero strano pensare che lì dentro ci abbiano vissuto persone come noi. Mi sono immaginato i "nuragici" e i nostri antenati riuniti tutti attorno al focolare e mi sono chiesto cosa potessero dirsi, quali fossero le faccende che svolgevano durante il giorno, come coccolassero i propri bambini. Ho pensato anche alla forza ne loro muscoli nel portare quelle enormi pietre e posizionarle una sopra l'altra per costruire il loro rifugio. Alla destra di questo splendido nuraghe c'è un enorme albero senza foglie, con del muschio secco attaccato al tronco e dei lunghi rami rinsecchiti. I rami sono talmente lunghi che sembra vogliano abbracciarlo per proteggerlo dal tempo, infatti questa parte è intatta a differenza della parte sinistra che è quasi interamente crollata. L'albero ha attaccata, nella parte posteriore, l'edera, una pianta rampicante, che sembra anche lei le faccia da protettrice. Le sue grosse pietre sono messe una sull'altra, mi chiedo come abbiano fatto a sovrapporle senza nemmeno l'aiuto dei mezzi che invece abbiamo adesso. Per arrivare in cima sono salito sopra delle scale fatte di grandi massi che traballavano, quasi avevo paura, infatti cercavo di tenermi toccando le pietre e ho sentito che erano ruvide e consumate. Che bellezza! Sono di color giallino, alcune grandi altre piccole, sembrano mosaici. Ho continuato la mia salita perché volevo vedere con grande curiosità il panorama immenso. Dall'alto, infatti, si vedevano i monti di Alà e di Buddusò. Mio bisnonno mi ha detto che se facessero degli scavi troverebbero altri nuraghi e io spero che questo avvenga così possiamo arricchirci di queste bellezze. La visita a questo nuraghe, come le altre volte, è stata piacevole, ha suscitato in me la voglia di visitare altri siti archeologici per conoscere la nostra storia sarda.

Tommaso P.

Filelepede

Il posto che potrei definire del mio cuore è Filelepede, la mia amata campagna. Questo posto si trova nel territorio di Alà dei Sardi non troppo lontano dal paese e contiene ricordi miei e dei miei amici. Come si può vedere dalla foto che ho scattato, il territorio di Alà dei Sardi gode di un bellissimo ed esteso patrimonio boschivo. Sullo sfondo si vedono tantissimi alberi schierati in file fittissime e guardando in alto si scorge un pezzo di cielo con una nuvola bianca che lo copre. Procedendo verso il primo piano dei massi enormi di pietra fanno da cornice. Da una di queste pietre, sulla sinistra spunta un albero che si specchia nella sua stessa ombra immersa nel verde chiaro e un po' giallo dell'erba.

All'interno di queste rocce sia a destra che a sinistra ci sono delle piccole caverne scavate da agenti atmosferici dentro le quali giocavo insieme ai miei fratelli a un gioco chiamato "lotta contro gli zombie".

 All'interno di queste piccole grotte c'era la nostra "sala del guardiano" occupata da pietre crollate e da piante di ortica che faceva prudere gli occhi appena la si toccava. Questa "stanza" apparteneva a mio fratello, da questo posto lui si assicurava che non arrivassero gli zombie ad aggredirci. Oltre questa cavità c'era anche la zona cucina, dove cucinavamo nella graticola le lumache appena raccolte.

Questo posto per me è speciale perché contiene tanti ricordi  miei, dei miei amici e della mia famiglia. Quando mi capita di venire in questo magico luogo vengo inebriata da mille profumi diversi, e rivivo la bellezza della mia infanzia.

Valentina C.

L'ovile di Loddoro

Il luogo che vorrei descrivere è l'ovile di Loddoro situato all'interno della campagna di famiglia. Quando apriamo il cancello, che permette di accedere alla campagna, troviamo un piano circondato da querce maestose. Continuando a camminare per la strada si impongono da una parte grandi rocce e dall'altra cespugli di rovi e querce ghiandolari. Dopo questo breve tragitto si arriva all'ovile vero e proprio: qui troviamo il recinto con i maiali e in mezzo a grandi alberi si nasconde la casetta fatta di pietre e ricoperta di tegole. Di fronte alla casetta sono situate anche delle grotte dove vivono le mie cagnoline. Sono molto piccole di statura e si chiamano "Fugitugi", "Lilli" e "Bianchina", amano quando le accarezzo e mi diverto a giocare con loro e con il mio gatto di nome Nerina. Sul cucuzzolo delle grotte vi è una grande roccia chiamata "Su nudo de su colvu", da lì vediamo il mare di Posada. 

Quando sono a Loddoro mi sembra di essere in un paradiso terrestre. Io in questo posto mi sento libero, mi perdo nel colore verde dei muschi, dell'erba e delle foglie che prevale sul marrone degli alberi e sul grigio delle pietre. Dalle rocce di questa campagna si vede sia il mare che il mio piccolo paese Alà dei Sardi. Secondo me non esiste al mondo un posto migliore di questa mia campagna.

Santinu S.


Uno spazio tutto mio

Nella foto ho voluto inquadrare il cortile a fianco a casa. È una piccola campagna con un cumulo di pietre di granito e uno spazio verde circondato da un muro di blocchetti dove, quando posso, vado a giocare a calcio e visitare i miei conigli. Mi siedo a terra e con il naso e la bocca faccio un respiro che mi riempie i polmoni di aria pulita e fresca, allora decido di toccare il prato verde: è soffice come un cuscino e liscio come il velluto. Ad un certo punto mi sdraio e mentre guardo il cielo mi sembra di volare su una nuvola, sento il vento in faccia che mi da una carezza come quelle che mi da mia mamma. Poi ascolto il rumore degli uccelli che scappano all'arrivo del mio gatto. 

In un piccolo angolino di questo grande prato io e mio fratello abbiamo messo i nostri conigli; il maschio è bianco a chiazze marroni, è vivace, la femmina, invece, è grigia e molto più calma. In questo luogo mi sento libero di fare quello che più mi piace.

Simone L.



 Il campetto


Alà dei Sardi è un paese molto bello, ma più in particolare c'è un posto che per me è casa mia: il campetto. Si trova al centro del paese, precisamente in via Roma a destra delle scuole elementari e medie. Si entra da un enorme cancello grigio e appena arrivati al campo si sentono gli uccellini cinguettare, il rumore del vento che fischia negli alberi che lo circondano e in lontananza si vede una casa e il cielo grigio scuro. L'erba sintetica è verde scuro e ci sono linee bianche che delimitano il campo che è ancorato a terra con dei pallini di gomma. 

Delle panchine verdi, di una tonalità più chiara del campo sono costruite intorno al perimetro. L'illuminazione serale è garantita da alti pali grigi che svettano verso il cielo. Le mura che proteggono questo spazio, sulla destra, sono decorate con dei graffiti, mentre sulla sinistra una rete in ferro separa il campo degli spogliatoi. Questo per me è un posto speciale perché qui ci sono cresciuto ed è un punto di ritrovo tra tutti i ragazzini di Alà; ogni volta che sono arrabbiato tiro dei calci al pallone e in quei tiri si scarica tutta la mia rabbia. Ecco questo è il mio posto speciale.

Luca G.

Aurelca

Per raggiungere la mia campagna bisogna percorrere una strada molto lunga e tortuosa. Appena arrivati si sente un'aria fresca e il fruscio dell'acqua che scorre nel fiume, in lontananza si ode il ponte che cigola e pende. Noi abbiamo delle api che curiamo e che in estate e primavera producono del buonissimo miele. Io aiuto mio padre a preparare le api per l'inverno o per l'estate, vestito con la tuta che è naturalmente più protetta. Prima di andare in campagna mi metto gli scarponi impermeabili per raccogliere i rifiuti presenti dentro il fiume. Per me la campagna è molto importante perché spero che in futuro diventi la mia.

Pur amando tantissimo stare a casa davanti al computer quando vado in campagna mi sento me stesso e mi diverto. La campagna per me è libertà anche perché ho l'occasione di non fare i compiti. Stare all'aria aperta, immerso nel verde, mi suscita tante emozioni come la gioia, la curiosità e la spensieratezza.  

Mirco P.  

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